Borelliosi di Lyme protocollo e non solo

il Cilantro.

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  1. Apocalypse23
     
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    questo slide mi sembra veramente importante non solo perchè parla della Borelliosi di Lyme ma anche perchè nei protocolli come leggerte ci sono anche i trattamenti detox in particolare si parla del Cilantro e del potere che ha contro i parassiti ma anche come detossificatore e chelante del mercurio. insomma leggetelo per quelli che non capissero perchè è in inglese posso eventualmente chiarire alcuni punti che sfuggono basta chiedere.

    dossier Dr klinghardt, sulla Borelliosi di Lyme, Neuroborelliosi etc....

    http://www.klinghardtneurobiology.com/LymeKPUprotocol.pdf



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    L'animale incriminato.


    TUTTO SUL CILANTRO:

    http://www.kitchendoctor.com/articles/cilantro.html articolo originale

    http://translate.google.com/translate?sour...2fcilantro.html articolo tradotto in automatico.

     
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  2. Apocalypse23
     
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    per coloro nella zona di Milano che volessero fare il test per la borelliosi di lyme so che all'ospedale Luigi Sacco fanno il test d'eccellenza.
    Non sarà l'unico ospedale a farlo ma qui lo fanno sicuro.
    ecco come arrivarci

    http://www.hsacco.it/

    indirizzo 20157 Milano Via G.B. Grassi, 74 - Tel 02/39041 -

    bye.
     
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  3. nononeurona
     
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    Lyme disease: a leaky brain
    Lyme disease is still barely recognized by orthodox medicine, but new, explosive evidence links this worldwide epidemic with certain types of mental illness, including autism.

    www.wddty.com/lyme-disease-a-leaky-brain.html

    automatichen estratto:

    Il cervello che perde

    In fact, it has also been suggested that LD in itself—whether treated by antibiotics or not—may be neurotoxic.. The idea is that Lyme disease creates ammonia in the brain, causing a 'leaky-brain syndrome'. Among the first to propose the idea was LD specialist Dr David Jernigan.. As ammonia can alter permeability of the blood–brain barrier, he says, it would allow large molecules to reach the brain, causing 'cerebral allergies'. In realtà, è stato anche suggerito che LD in sé, sia trattata con antibiotici o non può essere neurotossico L'idea è che la malattia di Lyme crea ammoniaca nel cervello, provocando un 'leaky-sindrome del cervello'. Tra i primi a proporre l'idea è stata LD specialista Dott. David Jernigan L'ammoniaca può alterare la permeabilità della barriera emato-encefalica, dice, che permetterebbe grandi molecole di raggiungere il cervello, provocando 'cerebrale allergie'.
    Jernigan believes that this may be a major cause of a variety of LD symptoms (Townsend Lett Docs, 2007; April: 141–8; online only).

    Jernigan ritiene che questa potrebbe essere una delle cause principali di una varietà di sintomi LD (Townsend Lett. Docs, 2007; aprile: 141-8; solo on-line).

    Confirmation of this hypothesis has come from animal studies. Conferma di questa ipotesi è venuta da studi su animali.

    Using radioactive tracers, researchers have shown that laboratory animals, when infected by Borrelia, lose the pro-tection of the blood–brain barrier after just two weeks (Schutzer SE, ed. Lyme Disease: Molecular and Immunologic Approaches, Series 6. Current Communications in Molecular and Cell Biology. Plainview, NY: Cold Spring Harbor Press, 1992).

    Utilizzando traccianti radioattivi, i ricercatori hanno dimostrato che gli animali di laboratorio, se infettati da Borrelia, perdere la pro-tezione della barriera emato-encefalica, dopo appena due settimane (Schutzer SE, ed. Lyme Disease: approcci molecolari e immunologici, Serie 6. Current Communications in Molecular and Cell Biology. Plainview, NY: Cold Spring Harbor Press, 1992).
     
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  4. Apocalypse23
     
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    I PARASSITI NELL'UOMO:
    http://selater.unical.it/archivio/Didattic...ntiprotozoi.pdf

    un parassita veicolato e trasmesso dalla zecca è la Babesia è un parassita subdolo leggete:

    www.ricercaitaliana.it/prin/dettaglio_prin-2004075927.htm
    LE BABESIOSI DEGLI ANIMALI: UNA ZOONOSI EMERGENTE ANCHE IN ITALIA?
    Università degli Studi di Padova Abstract
    Le babesiosi sono malattie parassitarie sostenute da emoprotozoi intraeritrocitari appartenenti al genere Babesia, la cui trasmissione è assicurata da artropodi ematofagi rappresentati da zecche dure (Ixodidae) appartenenti a diversi generi.
    Le diverse specie di Babesia possono interessare numerosi animali domestici (in particolare bovini, ovini, equini e cani) e ungulati selvatici.
    La trasmissione di questi protozoi è strettamente correlata alla presenza dei vettori specifici, ectoparassiti temporanei, che vivono liberi nell'ambiente e che, tranne alcune eccezioni, compiono il loro ciclo biologico e nutrizionale coinvolgendo un ampio ventaglio di ospiti.
    Nonostante in Italia le babesiosi siano relativamente diffuse negli animali da reddito e da compagnia particolarmente nelle Regioni del Centro-Sud, non sono disponibili dati relativi alla presenza e alla diffusione della malattia in altre zone considerate tradizionalmente non infette.
    Anche nell'uomo le babesiosi paiono essere un problema "emergente" in sanità pubblica. Recentemente, infatti, è stato segnalato un caso umano in Italia (Emilia-Romagna) sostenuto da una variante denominata "European Union 1" (EU1), correlata con B. divergens.
    Si ritiene pertanto estremamente interessante portare avanti il presente progetto con lo scopo di verificare la diffusione delle babesiosi nelle diverse specie animali nelle aree indagate e di valutare il rischio di trasmissione della malattia >>>


    Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca
    Mario PIETROBELLI Università degli Studi di PADOVA Obiettivo del Programma di Ricerca
    Le babesiosi sono malattie parassitarie sostenute da emoprotozoi intraeritrocitari del genere Babesia, la cui trasmissione è assicurata da artropodi ematofagi rappresentati da zecche dure (Ixodidae) appartenenti a diversi generi: Boophilus, Dermacentor, Haemaphysalis, Hyalomma, Ixodes e Rhipicephalus.
    Le diverse specie di Babesia possono interessare numerosi animali domestici e selvatici; in particolare: bovini (B. bigemina, B. bovis, B. divergens e B. major), ovini e caprini (B. motasi e B. ovis), equini (B. caballi e B. equi), suini (B. perroncitoi e B. trautmanni), canidi (B. canis e B. gibsoni), felidi (B. felis), roditori (B. microti) e ungulati selvatici (B. capreoli e B. odocoilei).
    La trasmissione di questi protozoi è strettamente correlata alla presenza dei vettori specifici, ectoparassiti temporanei, che vivono liberi nell'ambiente e che, tranne alcune eccezioni, compiono il loro ciclo biologico e nutrizionale coinvolgendo un ampio ventaglio di ospiti.
    Nonostante le babesiosi siano relativamente diffuse negli animali da reddito (Savini et al., 1999; Cringoli et al., 2002; Tassi et al., 2002) e da compagnia (Cacciò et al., 2002; Tarello, 2003) particolarmente nelle Regioni del Centro-Sud della penisola, non sono disponibili dati relativi alla diffusione della malattia in altre zone anche se le indicazioni che provengono dai veterinari che operano sul territorio fanno pensare ad un estensione del problema anche ad aree considerate >>>

    Risultati parziali attesi
    Nel corso della Fase 1, dopo aver messo a punto la scheda raccolta dati comune che sarà distribuita a tutte le UUOO, si prevede di:
    - completare la raccolta dei campioni di sangue da animali domestici (cani, bovini, ovini, equini) e da ungulati selvatici (daini, caprioli e cinghiali);
    - preparare i campioni mediante centrifugazione per ottenere la separazione del siero e del coagulo, contenente i globuli rossi; sia i sieri che i coaguli verranno congelati a -20°C;
    - inviare i campioni di siero alle UUOO di Padova (ruminanti e cani) e Perugia (cavalli e ungulati selvatici per l'esecuzione delle prove sierologiche e i coaguli all'UO di Bologna per le indagini biomolecolari;
    - procedere all'esecuzione di strisci di sangue (1x20µl) e di goccia spessa (3x20µl);
    - procedere alla colorazione degli strisci di sangue (Giemsa) e all'osservazione microscopica (sia degli strisci sia dei preparati a goccia spessa);
    - completare la raccolta di eventuali zecche dagli animali e/o dall'ambiente e provvedere al loro invio all'UO di Roma;
    - mettere a punto le tecniche diagnostiche (sierologia e PCR) da utilizzare nella Fase 2.

    Le analisi condotte nella prima fase, ed in particolare gli esami microscopici, dovrebbero consentire di ottenere una prima informazione sulla presenza di animali positivi per protozoi endo-eritrocitari.Nel corso della FASE 2 ogni UO provvederà ad eseguire le analisi di sua competenza. In particolare:
    >>>


    Durata
    24 mesi Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
    Fra le infezioni ematiche trasmesse da zecche, le piroplasmosi rivestono particolare interesse per la gravità delle forme cliniche che possono indurre. Gli agenti eziologici, protozoi del gen. Babesia e Theileria (Apicomplexa: Piroplasmida), possono infettare sia animali domestici che selvatici.
    Le babesiosi sono malattie parassitarie sostenute da emoprotozoi intraeritrocitari del genere Babesia, la cui trasmissione è assicurata da artropodi ematofagi rappresentati da zecche dure (Fam. Ixodidae) appartenenti a diversi generi: Boophilus, Dermacentor, Haemaphysalis, Hyalomma, Ixodes e Rhipicephalus. Le infezioni da Babesia sono diffuse in Africa, Asia, Americhe, dove costituiscono ancora oggi un grave problema sanitario coinvolgendo animali di grande interesse zoo-economico e rappresentando uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo della zootecnia; nei Paesi europei a clima temperato (in particolare Spagna, Portogallo, Francia, Italia) le babesiosi sono diffuse sia negli animali da reddito che in quelli da compagnia.
    Il termine Babesia deriva da Victor Babes, che nel 1888 identificò il protozoo negli eritrociti di bovini colpiti da febbre ed emoglobinuria. Nel 1893, Smith e Kilbourne scoprirono che il protozoo veniva trasmesso da zecche e che era responsabile della febbre del Texas nei bovini (Assadian e Stanek, 2002).
    Le diverse specie di Babesia possono interessare numerosi animali domestici e selvatici; in particolare: bovini (B. bigemina, B. bovis, B >>>

    Bibliografia
    Assadian O. and Stanek G. (2002). Theobald Smith - the discoverer of ticks as vectors of disease. Wien Klin Wochenschr, 114 (13-14): 479-481.

    Cacciò S.M., Antunovic B., Moretti A., Mangili V., Marinculic A., Baric R.R., Slemenda S.B., Pieniazek N.J. (2002). "Molecular characterization of Babesia canis canis and Babesia canis vogeli from naturally infected european dogs". Vet. Parasitol., 106 (4): 285-292.

    Calvo de Mora A., Garcia Castellano J.M., Herrera C., Jimenez Alonso J. (1985). Human babesiosis: report of a case of fatal outcome. Med. Clin., 85: 515-516.

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    Cringoli G., Otranto D., Testini G., Buono V., Di Giulio G., Traversa D., Lia R., Rinaldi L., Veneziano V., Puccini V. (2002). Epidemiology of bovine tick-borne diseases in southern Italy. Vet. Res., 33 (4): 421-428.

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    Herwaldt B.L., Cacciò S., Gherlinzoni F., Aspok H., Slemeda S.B., Piccaluga P.P., Martinelli G., Edelhofer R., Hollenstein U., Poletti G., Pampiglione S., Loschenberger K., Tura S., Pieniazek N.J. (2003). Molecular characterization of a non-Babesia divergens organism causing zoonotic babesiosis in Europe. Em. Infect. Dis., 9 (8): 942-948.

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    Kjemtrup A.M. and Conrad P.A. (2000). Human babesiosis: An emerging tick-borne diseases. Int. J. Par., 30: 1323-1337.

    Kjemtrup A.M., Thomford J., Robinson T., Conrad P.A. (2000). Phylogenetic relationships of human and wildlife piroplasm isolates in the western unites states inferred from the 18S nuclear small subunit RNA gene. Parasitology, 120: 487-493.

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    Persing D.H., Herwaldt B.L., Glaser C., Lane R.S., Thomford J.W., Mathiesen D., Krause P.J., Phillip D.F., Conrad P.A. (1995). Infection with a Babesia-like organism in northern California. New Engl. J. Med., 332: 298-303.

    Quick R.E., Herwaldt B.L., Thomford J.W., Garnett M.E., Eberhard M.L., Wilson M., Spach D.H., Dickerson J.W., Telford S.R., Steingart K.R., Pollok R. Persing D.H., Kobayashi J.M., Juranek D.D., Conrad P.A. (1993). Babesiosis in Washington state: a new species of Babesia? Ann. Internal Med., 119: 284-290.

    Savini. G., Conte A., Semproni G., Scaramozzino P. (1999). Tick-borne diseases in ruminants of Central and Southern Italy: epidemiology and case reports. Parassitologia, 41:95-100.

    Tarello W. (2003). Canine granulocytic ehrlichiosis (CGE) in Italy. Acta Vet. Hung., 51 (1):73-90.

    Tassi P., Carelli G., Ceci L. (2002). Tick-borne diseases (TBDs) of dairy cows in a Mediterranean environment: a clinical, serological, and haematological study. Ann. N. Y. Acad. Sci., 969:314-317.

    Telford S.R., Gorenflot A., Brasseur P., Spielman A. (1993). Babesialinfections in humans and wildlife. In: Creier J.P. (Ed) Parasitic protozoa., Vol. 5, Academic Press, San Diego California, 1-47.

    White D.J., Talarico J., Chang H.G. et al., (1998). Human babesiosis in New York State: review of 139 hospitalized cases and analysis of prognostic factors. Arch. Intern. Med., 158: 2149-2154.




    Ciclo Babesia


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    www.sciencedaily.com/releases/2011/06/110616193911.htm
    Traduzione a cura di https://empa.forumcommunity.net/


    I batteri della malattia di Lyme si nascondono nei linfonodi-



    ScienceDaily (17 giugno 2011) -

    I batteri che causano la malattia di Lyme, una delle malattie emergenti più importanti negli Stati Uniti, sembrano nascondersi nei linfonodi, innescando una risposta immunitaria, ma il sistema immunitario non è abbastanza forte per sconfiggere l'infezione, lo riferiscono i ricercatori nel rapporto dell'Università Davis in California.

    I risultati di questo studio innovativo che coinvolge i topi potrebbe spiegare perché alcune persone hanno esperienze ripetute di infezioni della malattia di Lyme.Lo studio è online sulla rivista Public Library of Science Pathogens:
    (Guardare il link a fine pagina)

    “I nostri risultati suggeriscono per la prima volta che la Borrelia burgdorferi , i batteri che causano la malattia di Lyme nelle persone, cani e animali selvatici, hanno sviluppato una nuova strategia per sovvertire la risposta immunitaria degli animali che infettano ", ha detto il professor Nicole Baumgarth, un'autorità nel campo della risposta immunitaria alla UC Davis Center for Comparative Medicine.




    "A prima vista sembra illogico che un organismo infettivo abbia scelto di migrare verso i linfonodi dove avrebbe automaticamente innescato una risposta immunitaria nell'animale ospite," ha detto Baumgarth."Ma la B. burgdorferi ha apparentemente colpito un equilibrio complesso che permette al batterio sia la provocazione che l’elusione della risposta immunitaria dell'animale, riferisce ," Baumgarth .

    I sintomi della malattia di Lyme sono molto variabili e possono includere febbre, mal di testa, affaticamento ed eruzione cutanea. Se l'infezione non viene curata, può diffondersi alle articolazioni, cuore e sistema nervoso.
    Di solito, la malattia di Lyme può essere trattata con successo con circa quattro settimane di antibiotici, il trattamento è più efficace durante le prime fasidell’infezione.
    Lo studio dell L'UC Davis .
    L’ingrossamento dei linfonodi, o linfoadenopatia, è uno dei tratti distintivi della malattia di Lyme, anche se è stato chiarito perché ciò si verifica o come influisce il decorso della malattia. L'UC Davis team di ricerca ha deciso di esplorare nei topi i meccanismi che causano l'ingrossamento dei linfonodi e di determinare la natura della risposta immunitaria risultante.


    Essi hanno scoperto che i topi che sono stati infettati con la B.burgdorferi , spirochete, questi vivono accumulandosi nei linfonodi degli animali '.I linfonodi hanno risposto con un forte e rapido accumulo di cellule B, i globuli bianchi che producono anticorpi per combattere le infezioni.Inoltre, la presenza di B.burgdorferi ha causato la distruzione dell'architettura distinte del linfonodo che di solito aiuta a funzionare normalmente l‘organismo.

    Mentre le cellule B si sono accumulate in gran numero e hanno originato alcuni anticorpi specifici contro la B.burgdorferi , non hanno dato vita ai "centri germinativi," le strutture che sono necessarie per la generazione di risposte immunitarie altamente funzionali e di lunga durata.


    "Nel complesso, questi risultati suggeriscono che la B. burgdorferi ostacola il sistema immunitario nel generare una risposta che sia pienamente funzionale e in grado di persistere e proteggere l’organismo dopo ripetute infezioni ", ha dichiarto Baumgarth."Così, lo studio potrebbe spiegare perché le persone che vivono in aree endemiche possono essere ripetutamente infettati con questi patogeni spirochete".


    Oltre a Baumgarth, i membri del team dell’Università UC Davis per la ricerca includono Stephen Barthold, direttore del Center for Comparative Medicine, Emir Hodzic, direttore del Real-Time PCR e Core Research Facility di diagnostica; lo scienziato Sunlian Feng; la studentessa laureata Christine Hastey; e Stefan Tunev, ex del Centro per la Medicina comparativa e ora al Medtronic Inc.

    Il finanziamento per lo studio è stato fornito dal National Institute of Health


    riferimenti :
    Stefan S. Tunev, Christine J. Hastey, Emir Hodzic, Sunlian Feng, Stephen W. Barthold, Nicole Baumgarth La linfoadenopatia durante la Borreliosi di Lyme è causata dalla migrazione dello Spirochete indotta dall’attivazione delle cellule B specifiche . PLoS Pathogens , 2011; 7 (5): e1002066 DOI:

    10.1371/journal.ppat.1002066 reading at:

    http://www.plospathogens.org/article/info%...al.ppat.1002066





     
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  6. Apocalypse23
     
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    http://www.antropozoonosi.it/Malattie/Mala...profilassi1.htm



    PROFILASSI E LYME BORELLIOSI:


    Terapia
    E' indicato somministrare una appropriata terapia al paziente con malattia in fase precoce anche soltanto sulla base dell’esame obiettivo e sull’evidenza di un esposizione probabile all’agente eziologico.

    Un' accurata diagnosi della malattia di Lyme è comunque particolarmente importante, perché l'istituzione di una adeguata antibioticoterapia può prevenire l'instaurarsi delle lesioni croniche, cardiache, neurologiche o artritiche. La terapia antibiotica è valida e fornisce buoni risultati anche nelle fasi tardive della malattia. Se la terapia inizia nello stadio precoce, con doxicillina o amoxicillina per 3-4 settimane, è efficace. L’acetilcefuroxima o l’eritromicina possono essere usate nelle persone allergiche alla penicillina o che non possono assumere le tetracicline. Durante lo stadio più avanzato, in particolare quando compaiono i sintomi neurologici, si può richiedere il trattamento con cefriaxone intravena o penicillina per 4 settimane o più.

    TERAPIA RACCOMANDATA IN CASO DI MALATTIA DI LYME

    indicazione trattamento Durata
    Morso di zecca Non raccomandato; stato di osservazione
    Eritema migrante Regime orale a,b 14-21
    Malattia neurologica acuta
    Meningite o radiculopatia Regime parenterale a,c 14-28
    Paralisi del nervo cranico Regime orale a 14-21
    Malattia cardiaca

    1° o 2° grado di blocco car diaco Regime orale a 14-21
    3° grado di blocco cardiaco Regime parenterale a,d 14-21
    Malattia allo stadio tardivo
    Artrite senza malattia neurologica Regime orale a 28
    Artrite ricorrente dopo regime orale Regime orale a o parenterale a 28 / 14-28
    Artrite persistente dopo 2 cicli di antibiotici Terapia sintomatica
    Malattia del SNC o SNP Regime parenterale a 14-28
    Malattia di Lyme cronica o sindrome post-Lyme Terapia sintomatica

    a. Regime orale: doxicilline o amoxicillina. Anche l’acetilcefuroxima efficace, ma più costoso. I macrolidi sono meno efficaci e non raccomandati.
    Regime parenterale: ceftriazone. Alternative: cefotaxime o penicillina

    b. per i pazienti adulti, intolleranti all’amoxicillina, doxicillina e cefuroxima, ci sono alternative: azitromicina (500 mg/dì per 7-10 giorni), eritromicina (500 mg 4 volte/dì per 14-21 giorni) o claritromicina (500 mg 2 volte/dì per 14-21 giorni [eccetto durante la gravidanza]); per i bambini: azitromicina, 10 mg/Kg al giorno (massimo 500 mg/dose), eritromicina, 12,5 mg/Kg 4 volte al dì (massimo 500 mg/dose), claritromicina, 7,5 mg/Kg 2 volte al dì (massimo 500 mg/dose). I pazienti trattati con macrolidi devono essere strettamente seguiti.
    c. Agli adulti, non in gravidanza, intolleranti alla penicillina e alle cefalosporine può essere somministrata la doxicillina (200-400 mg/dose orale.
    d. Può essere richiesto un pacemaker temporaneo


    La sicurezza dei lavoratori esposti a rischio biologico:
    Cosa prevede la normativa italiana.


    Il Decreto Ministeriale 15 dicembre 1990 richiama l’attenzione degli Assessorati Regionali alla Sanità sulla necessità della corretta notifica della malattia di Lyme, in quanto questa zoonosi è stata inclusa nella Classe 5a di tale Decreto, per consentire un' affidabile valutazione della reale situazione epidemiologica della malattia nel nostro Paese (Decreto 15 dicembre 1990 del Ministero della Sanità, Sistema informativo delle malattie infettive e diffusive; pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’ 8-1-91 Serie generale, n. 6). Nel Decreto sono raggruppate in cinque classi le malattie infettive e diffusive che devono essere notificate all’Autorità Sanitaria competente; in particolare la malattia di Lyme, che non risulta compresa nelle classi 1-4, ricade nella classe 5a che comprende: “le malattie infettive e diffusive notificate all'unità sanitaria locale e non comprese nelle classi precedenti, zoonosi indicate dal regolamento di polizia veterinaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, e non precedentemente menzionato”.

    Il Decreto Legislativo 626/94 e successive modifiche hanno inoltre messo in evidenza con il recepimento della direttiva europea 90/679/CEE l’importanza della protezione dei lavoratori agricoli da agenti biologici. L'allegato IX del Decreto medesimo riporta espressamente l'agricoltura e le attività nelle quali vi è contatto con animali e/o con prodotti di origine animale quali attività che possono comportare la presenza di agenti biologici. Inoltre la Borrelia è considerata in classe 2: "agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori: è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche".

    Il D.Lgs. 626/94 obbliga il datore di lavoro ad effettuare una valutazione del rischio per la sicurezza e per la salute, tenendo conto del tipo di agente biologico, dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte, dei potenziali effetti allergici e tossici. In tutte le attività per le quali la valutazione ha messo in evidenza rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro ha l'obbligo di attuare misure tecniche, organizzative e procedurali e misure igieniche per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici, nonché di fornire informazioni sul rischio ai lavoratori.



    CONSULTATE IL VOSTRO MEDICO O UNO SPECIALISTA PRIMA DI ATTUARE QUALSIASI TERAPIA:



    www.as-merano.it/it/asmerano/dermatologie_1359.htm

    visite per BORELLIOSI LYME OSPEDALE MERANO_

    Team medico
    I nostri medici si occupano della diagnosi, della terapia e dell'assistenza dei pazienti affetti da malattie della pelle e da malattie a trasmissione sessuale.

    Team medico:

    ◦dott. Pierfrancesco Zampieri (primario)
    ◦dott.ssa Chiara Dessì Fulgheri
    ◦dott.ssa Maria Angeles González Inchaurraga

    dott.ssa Judith Ladurner


    Medici con contratto d'opera: dott.ssa Francesca Maria Mellina Bares



    Ultima revisione: ottobre 2010

    © 2011 Comprensorio sanitario di Merano - Via Rossini. 7 - 39012 Merano
    Tel. 0473 263333 Fax 0473 263820- E-mail: [email protected]
    Cod. fisc./P. IVA: 00773750211
     
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  7. epione
     
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    che schifo sti batteri :cry:
     
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  8. Apocalypse23
     
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    epione si è vero ....... ciao carissimo.
     
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  9. Apocalypse23
     
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    Un nuovo gel miracoloso sviluppato per combattere la malattia di Lyme provocata da punture di zecche

    21 Dicembre 2011
    Un 'miracoloso gel' è in fase di sviluppo il gel ferma immediatamente le malattie causate da punture di zecche - come la Borelliosi di Lyme nel loro percorso. Il gel è attualmente testato su persone che hanno subito morsi di zecca, e, in caso di successo, potrebbe essere disponibile in farmacia entro un anno.
    ingrediente attivo del gel è l’Azitromicina, un antibiotico che blocca la propagazione della malattia. Si applica sulla pelle dopo una puntura di zecca, e I primi test suggeriscono che potrebbe essere efficace per un massimo di cinque giorni dopo che qualcuno è stato morso.
    Il gel è stato formulato dalla società tedesca, Ixodes, in collaborazione con ricercatori della Ludwig- Maximilian University di Monaco di Baviera.
    Molte centinaia di migliaia di persone sono morse da zecche ogni anno, e sviluppano la malattia di Lyme, caratterizzata da dolori articolari e agli organi. Il mese scorso,è stata identificata un una nuova malattia da morso di zecca - che causa l’effetto simile alla DVT (trombosi venosa profonda)
    (Fonte: Fraunhofer-Gesellschaft, 19 dicembre 2011).
     
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